Questa è la definizione che A.Einstein diede del concetto di creatività ormai un secolo fa. E’ una definizione ancora valida?

Tutto intorno a noi è creato, quindi ognuno di noi nasce creativo, poiché facciamo già parte di un processo di creazione universale.


L’essere creativi, può esprimersi in modi diversi; purtroppo però, fin da piccoli, veniamo bloccati nel nostro naturale processo creativo, il sistema e la cultura in cui viviamo hanno un ruolo fondamentale in relazione allo stimolo o all’affievolirsi della nostra creatività.

La creatività implica un processo mentale chiamato “problem solving” ovvero un’attività di adattamento e soluzione dei problemi che ci troviamo ad affrontare. Il creativo è colui che riesce a pensare in modo nuovo e ha la capacità di essere originale e, se necessario, di «uscire dal coro»,. La creatività infatti, per sua stessa natura, implica distacco dalla norma, perché normale è tutto ciò a cui il nostro cervello è già abituato, ciò che non meraviglia più, ciò che già sappiamo, normale è ciò che non sollecita la nostra immaginazione.

L’atto creativo, invece, implica tutto l’opposto: dare vita al nuovo, al non conosciuto, al non ordinario, stabilendo un associazione mai stabilita prima. Per questo credo che la creatività, anche se con noi fin dalla nascita, non è scontata, c’è chi crescendo sviluppa la propria intelligenza creativa, e c’è chi avendo altri tipi di intelligenza, ha bisogno di stimoli per incrementare la propria creatività.

Secondo il Professor Alberto Contri, la creatività e la mente sono analogiche, mentre le applicazioni sono digitali e invita tutti a riflettere sulla confusione in cui siamo immersi in quest’epoca storica.

Secondo la Merril Lynch, è finita l’epoca dello storytelling a favore del cosiddetto “marketing data driven”, nel quale il fulcro di ogni attività di marketing sono i dati. Certamente avere tutti i dati necessari a profilare il target di riferimento perfetto è fondamentale, ma cosa diciamo a questo target? A mio avviso, senza un prodotto valido da presentare e un’attività di branding adeguata, il meccanismo non funziona e lo stiamo vedendo sempre di più.

Le campagne promozionali su qualunque social media funzionano sempre di meno, a meno di avere budget stratosferici a disposizione e influencer di primo piano con compensi inarrivabili. E sempre più spesso, il prodotto non esiste, diventa un feticcio, mentre i report delle vendite non rispondono né alle aspettative delle varie agenzie di marketing, né tantomeno alle attese di fatturato delle aziende. Le quali, oggi si trovano ad affrontare un periodo di crisi ferocissimo, alle prese con costi delle materie prime esorbitanti e un clima di incertezza enorme.

Ma è proprio adesso, mentre si discute sulla possibilità e l’opportunità di impiantare microchip nel cervello in nome della quarta rivoluzione industriale, che dobbiamo invece ricordarci della definizione di Albert Einstein: la creatività non è e non può essere un algoritmo e solo una mente analogica che si apre a nuove soluzioni creative è una mente in evoluzione. Uscire fuori da schemi già predisposti significa, oggi, opporsi all’integrazione uomo-macchina di stampo transumanista e a quella che è, in realtà, un’involuzione dell’essere umano.

E dobbiamo farlo divertendoci, proprio come ha pensato di fare la stessa Google.

Aman Govil, il Product Marketing Manager del progetto Project-re. Brief che Google ha deciso di portare avanti, ha coinvolto i più famosi creativi degli anni ’70 ( da Bob Pasqualina ad Amil Gargano, autori rispettivamente delle famosissime campagne per Alka.Seltzer e Volvo) per dimostrare proprio ciò che dice il professor Contri: creatività e tecnologia possono e devono funzionare insieme e solo una pubblicità di qualità può creare un campagna pubblicitaria eccellente.

To create great online advertising, you first need to create great advertising.

Buona creatività a tutti!

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